Penelope

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Un percorso fatto di parole, mi è stato detto con eleganza che rasenta l’assoluto, che venivo vista come una Penelope che intesse una tela.

Vero, mi trovo davanti ad un ordito che cangia, varia ed assume tonalità diverse, cerco che i colori siano il più possibile consoni alla persona, che la tela la rivesta nella maniera più atta a lei.

Chiedere di vedere un crinale diverso, una prospettiva più ampia non deve assolutamente significare inferiorità.

Non ho mai considerato una persona inferiore a me, considero semplicemente una persona che chiede di essere condotta per mano, consapevole dell’estremo onore che mi viene donato, anima che desidera essere guidata attraverso un giardino.

Uso spesso la parola “allieva”, riflettiamo sul significato che un’amante del rinascimento possa dare a questo termine.

Giotto fu allievo del Cimabue, possiamo dire che era inferiore al suo maestro? Sorrido.

Leonardo da Vinci  inizia il suo apprendistato presso la bottega del Verrocchio.

Porto esempi estremi, amo l’estremo, serve per dare più forza ad un pensiero , ad un sentire.

Erano allievi, tutti lo siamo, un ciclo vitale che vive, muore e rigenera.

Sicuramente il genio di Leonardo o di Giotto, solo per citare due persone che hanno calpestato le pietre di questa città, non conosce certo inferiorità ma volontà di apprendere.

Credo che giovi ripetere che la sottomissione deve essere vista come atto di crescita e di umiltà e non certo di umiliazione.

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4 pensieri su “Penelope

  1. Solo gli stolti credono di non aver bisogno di maestri.
    Volgere lo sguardo verso il proprio insegnante, mentore o guida – qualunque sia la sfumatura che gli si intenda attribuire – e carpire il significato del suo insegnare e le motivazioni del suo agire diventa ricchezza individuale che è possibile declinare in modi nuovi, in base alle circostanze della vita.
    A scuola, spesso, i migliorimaestri erano anche i più severi; quelli che pretendevano tanto perché era quanto essi stessi donavano. Seguirli, talvolta anche criticandone il metodo, significava accettare di subire un cambiamento, non solo della propria conoscenza ma anche del proprio modo di essere di affrontare il mondo.
    Non c’è umiliazione nel seguire un percorso già tracciato da orme consapevoli; nel seguire un cammino volto alla scoperta e al miglioramento di sé.

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